sabato 10 novembre 2018

Sulla cima del Monte San Vicino

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Una passeggiata immersi nella natura non può che fare bene dopo una lunga settimana di impegni. Me lo ripropongo tutti i weekend e puntualmente, arrivato il sabato, mi coglie la pigrizia e con la scusa di avvantaggiarmi con il lavoro spesso mando a monte tutti i buoni propositi. Stamattina no!



Ho scelto di forzare la corda e partire! Anche grazie a Mauro che ha deciso di spronarmi un po’ e coinvolgermi in una bella escursione al Monte San Vicino. Lui aveva deciso di andare in bicicletta ma incastrando i programmi sarebbe riuscito a fare tutto. E quindi siamo partiti in tre: io, Mauro e il piccolo Diego decisi a scalare la vetta. Quella splendida vetta che ci guarda sorniona dall’alto della sua strana forma a panettone.


Curiosità sulla forma del Monte San Vicino

Il San Vicino non è una montagna altissima, raggiunge i 1479 metri ma ha le caratteristiche di essere visibile da ogni punto cardinale e di cambiare aspetto a seconda di dove lo si guardi. Visto da Matelica e dalla sua vallata ha una forma piramidale, dal fabrianese o dal maceratese assume un aspetto a gobba di cammello, infine dall’anconetano o dal mare ha una forma trapezoidale. Per questo la montagna ha sempre rappresentato, sin dall’antichità un importante punto di riferimento visivo per coloro che si spostavano a piedi o a cavallo e continua ad esserlo oggi per me, che appena mi affaccio dalla finestra lo vedo, alto e fiero tra le valli.


La salita al Monte San Vicino 

Siamo arrivati ai Prati del San Vicino con la macchina in tarda mattinata e siamo partiti imboccando il sentiero Matelica che risale il versante del monte attraversando dapprima un bosco e poi un sentiero roccioso fino ad arrivare alla cima. Il percorso è di breve durata ed adatto a tutti.



Noi abbiamo portato anche il piccolo Diego, in groppa dentro il marsupio. Grazie al babywearing siamo liberi di fargli scoprire il mondo insieme a noi e grazie alla giacca Wear Me l'autunno e l'inverno non ci spaventano. Le nuvole erano basse e correvano veloci, il cielo azzurro e la temperatura era mite, tendente al fresco. Un clima ideale per fare passeggiate e una stagione unica per ammirare la bellezza dei boschi che si spogliano di foglie.





L’attraversamento del bosco è, secondo me, la parte più bella del percorso ma anche la più faticosa con livelli di pendenza che superano il 20%. Si cammina sopra una coltre di foglie cadute e si possono ammirare gli alberi che, spogli, assumono forme sinuose e spettrali. Il rumore dei passi tra le foglie secche ci accompagna per il sentiero.




Diego da dentro il marsupio è attento e curioso di tutto ciò che vede intorno a lui. Non appena lo facciamo scendere allunga le mani per toccare le foglie e il muschio sopra i sassi. È sorprendente vederlo mettersi a gattoni nel cuore di un bosco e immergere le mani tra le foglie facendole volare.



Nel corso del cammino incrociamo qualche altro camminatore che rapido risale il sentiero. Io non sono allenata e procedo a passo lento. Ammetto anche di aver pensato un paio di volte di fare dietro front. Ma poi, alla fine del bosco, dopo circa 700 metri la salita si ammorbidisce ed inizia ad essere più pianeggiante. Allora riprendo fiato e decido di continuare riflettendo su come la montagna, attraverso l’esperienza della salita, confermi e rimarchi le caratteristiche della vita. Niente può durare per sempre, nemmeno la fatica e il dolore. E quindi ecco che quella salita estenuante ad un certo punto finisce ed inizia un bel percorso pianeggiante con un suggestivo panorama da ammirare che ti ricarica e ti spinge a proseguire.


Terminato il percorso nel bosco inizia un sentiero acciottolato, grossomodo pianeggiante, che gira intorno alla montagna per un pezzo per poi continuare a salire in forte pendenza fino alla cima caratterizzata da una grossa croce di ferro.



L’ultimo tratto è abbastanza impegnativo ma l’obiettivo è vicino e si è motivati a raggiungerlo. Dalla cima si può godere di un bellissimo panorama fatto di valli verdi, colli che sembrano disegnati, campi coltivati e borghi immersi fra le colline. Si ammira Fabriano, Val di Castro, il lago di Castreccioni fino al mare.


La strada per il ritorno corre via in un baleno. Impieghiamo in tutto quasi due ore a percorrere un sentiero di 3 km e mezzo. È sicuramente un tempo lungo dovuto al mio basso allenamento e al piccolo Diego portato in groppa.


Torniamo alla macchina ed è ora di pranzo. Arriviamo a Pian dell’Elmo e mangiamo al Ristorante Forconi. È un’attività che esiste dal 1965 e propone piatti della tradizione che ti fanno sentire come a casa dei nonni. Terminato il pasto torniamo a casa, Mauro in bicicletta, io insieme a Diego in macchina, felice di aver superato la mia zona di confort e essermi regalata una immersione nella natura.

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